04/05/13

La proprietà intellettuale? Un furto!

È LEGITTIMO CHE GLI ARTISTI RICEVANO UNA giusta remunerazione dal loro lavoro. I diritti d’autore sembrano rappresentare una delle loro più importanti fonti di reddito. Purtroppo stanno diventando uno dei prodotti più commerciali del XXI secolo. Il sistema non sembra più capace di proteggere gli interessi della maggioranza di musicisti, compositori, attori, ballerini, scrittori, designer, pittori o registi. Una constatazione che spinge ad aprire un dibattito sulle strade da ricercare per assicurare agli artisti i mezzi per vivere del loro lavoro e garantire alle creazioni il meritato rispetto.  
Joost Smiers

I grandi gruppi culturali e d’inforniazione coprono il mondo intero con satelliti e cavi. Ma possedere tutti i canali dinformazione del mondo ha senso solo se si possiede Fessenziale del contenuto, di cui il copyright costituisce la forma legale di proprietà. Attualmente nel settore della cultura assistiamo a una vera giungla di fusioni, come quella di Aol e Time Warner. Tutto questo rischia di far si che, in un prossimo futuro, sia solo un gruppetto di poche compagnie a disporre dei diritti di proprietà intellettuale su quasi tutta la creazione artistica, passata e presente. Il modello è Bill Gates e la sua società Corbis, proprietari dei diritti di 65 milioni di immagini in tutto il mondo, di cui 2,1 milioni in rete. 
ll concetto, un tempo utile, di diritto d’autore diventa così uno strumento di controllo del bene comune intellettuale e creativo, nelle mani di un ristretto numero di imprese. Non si tratta solo di abuso che sarebbe facile individuare. L'antropologa canadese Rosemaiy Coombe, specialista in diritti d‘autore, osserva che «nella cultura consumistica, la. maggior pane di immagini, testi, etichette, marchi, logo, disegni, arie musicali e anche colori sono governati, se non controllati, dal regime di proprietà intellettuale ». Le conseguenze di questo controllo monopolistico sono spaventose. l pochi gruppi dominanti dellîndustria culturale trasmettono solo le opere artistiche o di intrattenimento di cui detengonoi diritti.
SI CONCENTRANO sulla promozione di alcune star, sulle quali investono fortemente e guadagnano sui prodotti derivati. A causa dei rischi elevati e delle esigenze di ritorno sull'investimento, il marketing rivolto a ogni singolo cittadino del mondo e cosi aggressivo che tutte le altre creazioni culturali sono eliminate dal panorama mentale di molti popoli. A scapito della diversità delle espressioni artistiche, di cui abbiamo disperatamente bisogno in una prospettiva democratica. Si assiste anche ad una proliferazione di norme legali su tutto ciò che riguarda la creazione. Le società che comprano l’insieme dei diritti, li proteggono con regole molto dettagliate e fanno difendere i loro interessi da avvocati altamente qualificati. Improvvisamente, l'artista deve fare attenzione a che queste società non gli rubino il lavoro. Per difendersi è costretto ad assumere a sua volta degli avvocati, anche se i suoi mezzi economici sono molto più limitati. Con il sistema dei diritti d’autore le grandi compagnie fanno fortuna. Ma la pirateria che «democratizza» l'uso, in casa propria, della musica e di altri materiali artistici, le minaccia. Con un suo giro di affari pari a 200 miliardi di dollari l‘anno, disturba l'accumulazione di capitale . Tuttavia la lotta contro la contraffazione sembra vanificata dall’invenzione di Mp3, Warapster, ecc. Questi ultimi rendono possibile in pochi minuti il telecaricamento di notevoli quantità di musiche, immagini, film o software dallo stock virtuale di dati disponibili in tutto il mondo. Un fenomeno che l'industria del disco e la sua associazione, la Riaa (Recording lndustry Association of America), non apprezzano affatto.
PHILIP KENNICOTT, un ricercatore australiano, ritiene che questi siti permettono di scavalcare completamente il circuito commerciale della produzione musicale. «Gli americani, scrive, commettono l’errore di paragonare un certo stile di cultura popolare - come le grandi macchine prodotte dall industria americana - con la cultura americana, come se i film spettacolari e i dischi venduti a milioni di copie rappresentassero, da soli, la creatività degli Stati Uniti. È afiascinante pensare che i prodotti di divertimento formino il cemento culturale che unisce i popoli. Ma questo tipo di cultura popolare, di cui le industrie sono proprietarie, è molto diversa dalla cultura del popolo, che non appartiene a nessuno ».  Per di più, computer e Internet forniscono agli artisti un’occasione unica di creare utilizzando materiali che provengono da correnti artistiche di tutto il mondo, del passato e del presente. E in questo senso non fanno nulla di diverso da ciò che hanno fatto i loro predecessori: Bach, Shakespeare e migliaia di altri. È sempre stato normale utilizzare idee e parte del lavoro dei precursori. Altra cosa è il plagio. Su questo fenomeno, il filosofo Jacques Soulillou sviluppa un interessante commento teorico: «La ragione per la quale è diflicile produrre la prova di plagio nel campo dell ’dell'arte e della letteratura sta nel fatto che non basta soltanto dimostrare che B si è inspirato ad A, senza eitare eventualmente le sue fonti, ma bisogna anche provare che A non si e ispirato a nessuno. Il plagio suppone infatti che la regressione di B verso A si esaurisca li, perché si arrivasse a dimostrare che A si è inspirato, e per cosi dire ha plagiato un X che cronologicamente lo precede, la denuncia di A ne risulterebbe indebolita ».

LA SUA ANALISI RICORDA non solo che il sistema dei diritti d’autore diventa sempre meno sostenibile, ma anche che questo sistema é fondato su un concezione meno evidente di quanto non sembri. Si può forse immaginare un poema creato senza poemi antecedenti ? Ecco perché Rosemary Coombe si chiede fino a che punto l’immagine di una star e il suo valore sia dovuto ai suoi sforzi personali. <<Le immagini della diva devono essere costruite... Le immagini delle star sono il prodotto di studi cinematografici, media, agenzie di pubbliche relazioni, club di ammimtori, cronisti, fotografi, parruechieri, insegnanti di ginnastica, professori, registi, addetti ai lavori, direttori, avvocati e medici >>. Senza dimenticare il ruolo del pubblico, a proposito del quale la stessa Marylin Monroe dichiarava: <<Se sono una star, é perché il pubblico ha fatto di me una star, né gli studios né altri, solo il pubblico >>. Abbiamo bisogno di un sistema di proprietà intellettuale per promuovere creatività? Assolutamente no. Un numero sempre maggiore di economisti, dati alla mano, dimostra che l'espandersi dei diritti d’autore favorisce più chi investe che chi crea e interpreta. Di fatto i1 90% del reddito ottenuto a questo titolo va al 10% degli artisti. L’economista britannico Martin Kretschmers conclude che <<la retorica dei diritti d’autore é stata ingigantita essenzialmente da un terzo partner: gli editori e le case discografiche, cioé da coloro che investono in creatività (più che dagli artisti), diventati i primi beneficiari di questa protezione estesa >>. IL SISTEMA NON FAVORISCE neppure il terzo mondo. Come spiega lo studioso James Boyle, per acquisire il diritto di proprietà intellettuale un artista deve essere affermato. <<Questa. esigenza favorisce in maniera sproporzionata i paesi sviluppati. Cosi curaro, batik, miti e il ballo lambada volano via dai paesi in via di sviluppo senza alcuna protezione, mentre il Prozac, i pantaloni Levi’s, i romanzi di John Grisham e Lambada, il film, vi ritomano protetti da un insieme di leggi sulla proprietà intellettuale >>.
Sarebbe giusto studiare un altro sistema che favorisse la diversità della creazione artistica. Rosemary Coombe individua la contraddizione che dovrebbe essere risolta: «La cultura non è fissata in concetti astratti che interiorizziaimo, ma nella materialità delle esperienze e degli argomenti sui quali ci battiamo e nel segno che queste lotte lasciano nella nostra coscienza. Questa discussione e la battaglia attualmente in corso sui sentimenti sono al centro del dialogo. Molte interpretazioni delle leggi relative alla proprietà intellettuale, facendo appello al concetto astratto di proprietà, soffocano il dialogo sostenendo il potere della corporazione degli attori sul mondo dei sentimenti. Le leggi sulla proprietà intellettuale privilegiano il monologo al dialogo e creano grandi differenziali di potere tra attori sociali impegnati in una lotta egemonica ».  Il concetto centrale è quindi il dialogo.

SECONDO OBIETTIVO del nuovo sistema: deve garantire ad un alto numero di artisti, appartenenti a paesi sia poveri sia ricchi, di vivere decentemente del loro lavoro creativo. Per tutte queste ragioni, il mantenimento dell’attuale sistema dei diritti d’autore non risulta né auspicabile, ne realizzabile. La relazione diretta con l'artista, come la concepiva inizialmente la filosofia del diritto d’autore, in pratica non esiste più. Perché non fare un ulteriore passo abolendo l'intero sistema? Perché non sostituirlo con un altro in grado di garantire una migliore remunerazione sia agli artisti del terzo mondo che a quelli dei paesi sviluppati, un maggior rispetto del loro lavoro e la capacità di riportare il pubblico al centro della nostra attenzione? A prima vista, può sembrare contraddittorio che un artista, di un paese sviluppato o del terzo mondo, possa vivere meglio senza i diritti d’autore. Tuttavia, questa possibilità deve essere presa in seria considerazione. Senza dubbio l‘aspetto più radicale della proposta sta nel fatto che diminuirà l'entusiasmo suscitato dalle industrie culturali per le loro star. Non avranno più interesse a investire in modo massiccio su «fenomeni» capaci di attirare il grande pubblico, se non possono poi sfruttarle in modo esclusivo; il che, dopotutto, è il principio di base dei diritti d’autore. Se questi ultimi scomparissero, non esisterebbero più industrie monopolistiche della cultura capaci di determinare il gusto comune con la promozione dei loro protetti. Per l'artista medio, la situazione ritornerebbe «normale»: potrebbe di nuovo trovare mercati e pubblici diversi, nel suo ambiente e su scala mondiale, via Internet; potrebbe così guadagnare normalmente, e anche di più.
Le imprese e chiunque utilizzi materiali artistici sarebbero liberati dal pagamento dei diritti d’autore e dalle scartoffie burocratiche connesse. Ma questo non vuol dire che non si dovrà pagare per l'utilizzazione di un lavoro artistico. Chi usa a scopo commerciale creazioni artistiche e spettacoli fa ricorso a musiche, immagini, disegni, testi, film, coreografie, pittura, multimedia.. per suscitare desideri e guadagnare di più. Si potrebbe allora pensare ad una tassa prelevata sui profitti delle imprese che in un modo o nell’altro utilizzano materiale artistico. ll che riguarda la quasi totalità delle aziende. Il denaro così prelevato potrebbe essere assegnato ad un fondo speciale, secondo procedure fissate per legge, con tre categorie di beneficiari: i gruppi di artisti, gli artisti individuali e quelli del terzo mondo. Verrebbe quindi eliminata la connessione diretta - misurata in quantità, minuti o altro - tra l‘utilizzazione attuale del lavoro di un artista e la sua remunerazione. Quanto ai diritti morali che dovrebbero proteggere 1’integrità del lavoro artistico e scientifico dall' imitazione, è ora di riconoscere che frenano la creazione artistica. La conclusione logica dovrebber essere di eliminare anche questi. Nella società occidentale abbiamo creato una strana situazione: corriamo in tribunale non appena riteniamo che un diritto d’autore sia stato violato... Ma se non c’è proprietà in senso assoluto, allora non c’è niente da violare e da citare in giudizio. Il problema centrale nei nostri dibattiti dovrebbe consistere nel verificare se l'uso (di una parte) delle opere di altri artisti è stato fatto con rispetto e apporto di nuova creatività. O al contrario, se è raffazzonato, noioso o obiettivamente mal fatto. Un artista che prenda in prestito troppo facilmente dai suoi predecessori o da uno dei suoi contemporanei non potrà che essere considerato un artista minore.
IMMAGINIAMO COMUNQUE che una persona copi il lavoro di un altro artista, asserisca che è suo e lo firmi. Se non c'è ne rielaborazione, ne commento culturale, né aggiunta, né traccia di creatività, si tratta evidentemente di un vero e proprio furto che merita di essere sanzionato. A questo punto, l’obiettivo dovrebbe essere la creazione di un nuovo sistema che garantisca agli artisti dei paesi occidentali e del terzo mondo redditi migliori, che si apra in modo ampio a un dibattito pubblico sul valore della creazione artistica, che si preoccupi del miglioramento del livello culturale del pubblico, che spezzi il monopolio delle industrie della cultura, le quali vivono sul sistema dei diritti d’autore.

JOOST SMIERS 

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